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Palizzi

Porto Palizze, così era chiamata questa baia tra Sette e Ottocento, non a caso conserva un lungomare che sebbene piccolissimo, è l’unico ad avere vita marinara anche d’inverno. Dell’attracco costiero non vi è più traccia, fatta eccezione per una torre di avvistamento, del 1595, detta Torre Mozza, per via dello squassamento delle parti superiori della struttura, di cui rimane un unico angolare, impostato su una base rettangolare.

Il paese è diviso dalla fiumara in due contrade: Murrotto e Stracia, chiaramente allusive a testimonianze del passato.

Da entrambi i quartieri si partono due strade che conducono rispettivamente alle frazioni di Palizzi Superiore e Pietrapennata, attraverso una percorso costellato dai più pregiati vigneti dell’Area Grecanica.

Ma il cuore pulsante del comune di Palizzi è il centro storico posto più in alto, a circa 272 m s.l.m. rispetto alla frazione Marina.

IL NOME

Deriva secondo alcuni dal greco politsion con senso diminutivo di polis (città), secondo altri dal greco polìscin, che  pare significhi “luogo ombroso”.

LA STORIA

Palizzi raggruppa tutti gli elementi dei borghi delle favole: un castello posto su una rupe, un borgo medievale ai suoi piedi e un ponte a sella d’asino che fin dal Trecento sovrasta un corso d’acqua.

Documentato per la prima volta nella metà dell’XI secolo, tra i beni del monastero di Sant’Angelo di Valle Tuccio, Palizzi figura, alla fine del secolo successivo, tra i casali della contea di Bova. Nel 1322 il feudo fu venduto da Bartolomeo Busca a Guglielmo Ruffo di Calabria, conte di Sinopoli, possidente di un vasto tenimento che comprendeva gran parte della Calabria Meridionale. Alla sua morte, il nipote Antonello dovette spartire il baronato con lo zio Folco, generando così il ramo dei Ruffo di Palizzi – Brancaleone, sopravvissuto per quattro generazioni, non senza bruschi intervalli, determinati dai contrasti dinastici tra Angiò e Aragona.

Nel 1479 Palizzi era in mano a Bernardino Maldà de Cadorna già nel 1498 tornò ai Ruffo, a cui si devono i lavori sul fianco nord orientale del castello, dove evidenti sono i segni delle novità architettoniche, importante nel Regno di Napoli da Francesco Giorgio Martini e Bernardo Rossellino. Il matrimonio di Geronima Ruffo e Alfonso de Ayerbo d’Aragona nel 1505, inaugurò una ripetuta serie di avvicendamenti dinastici che videro il baronato passare prima aTroiano Spinelli, poi di nuovo agli Ayerbo d’Argona e quindi nel 1580 ai Romano di Messina. Spetta a Giacomo Colonna Romano l’inserimento dello stemma araldico che campeggia all’ingresso del castello, posto forse al termine di una campagna di restauri. Proprietà degli Arduino di Messina dal 1666, la terra di Palizzi fu venduta nel 1751 ai De Blasio, i quali la mantennero fino al 1806, apportando notevoli ristrutturazioni al castello, che in parte definiscono l’aspetto attuale. L’imponente edificio sovrasta un borgo colmo di atmosfere medievali. Vicoli strettissimi e infinite gradinate conducono alla piazza principale dove si affaccia la Chiesa di Sant’Anna.

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Immerso in una superba natura, il borgo è abbarbicato ad una rupe d’arenaria ai piedi dell’imponente castello.

Il paese affascina subito il visitatore per il suo centro medievale unico: “palazziate e solarate” di fantasiose soluzioni architettoniche, catoi, sottopassaggi, scalette e tetti di ceramide (tegole ricurve) danno la visione di un paesaggio naturale quasi incontaminato.

La passeggiata parte dal ponte dello “schiccio”, sotto il quale scorrono le acque della fiumara di Palizzi, dal quale può scorgersi un antico mulino.

Arrivati al centro del paese, si può visitare la chiesa parrocchiale di Sant’Anna che custodisce al suo interno un interessante corpus di statue di santi e madonne, tra cui la scultura lignea della santa titolare, commissionata nel 1827 dall’ultimo barone di Palizzi, Tiberio De Blasio.

In fondo all’abside si staglia la statua in marmo di Sant’Anna e la Madonna, tra le prime opere a tutto tondo sopraggiunte nella diocesi di Bova, entro lo scadere della seconda metà del Cinquecento. Dello stesso periodo, ma di matrice artistica diversa, è la cupola che si innesta nella navata sinistra, testimonianza della persistenza architettonica bizantina, chiaramente percettibile all’esterno nell’uso del coccio per alleggerire la struttura. In questa parrocchia, il vescovo Stavriano, istituì (1574) la prima comunia latina della diocesi, alla quale devolvette tutte le proprietà delle chiese di Palizzi. Vi potevano entrare a far parte solo chierici latini. I greci, così esclusi e ridotti in miseria, sopravvissero dedicandosi all’agricoltura e alla pastorizia. Morirono lasciando eredi che mai si sognarono di succedere al ministero dei genitori, irrimediabilmente sconfitti dagli eventi.

Attraverso i vicoletti caratterizzati da particolari soluzioni architettoniche antisismiche, si giunge al castello d’età medievale, riconosciuto monumento nazionale dal Ministero ai Beni culturali.

Di recente edificazione la frazione marina che si estende sulla magnifica costa meta nidificatoria delle Tartarughe Marine Caretta Caretta. Palizzi, infatti, è comune capofila del progetto Life Caretta Calabria che si inserisce a partire dal 2013 nel programma Life della DG Ambiente della Commissione Europea.

PALIZZI IGT

Il territorio di Palizzi si distingue per l’abbondanza delle viti; vi si produce un ottimo vino rosso riconosciuto dal marchio IGT, che si può gustare nei caratteristici catoi della cittadina, denominata per l’appunto “città del vino”.

Conosciuto e apprezzato in tutta la zona  Palizzi è un rosso generoso, ottimo con gli arrosti, con pietanze tradizionali ed elaborate a base di sughi e carni di capra e di maiale, stufati, cacciagione, formaggi ben stagionati.

Il Borgo di Pietrapennata

Il piccolo borgo di Pietrapennata a pochi km a Nord di Palizzi Superiore, deve il nome ai costoni rocciosi che lo sovrastano. La tradizione orale indica il borgo fondato dai Cavalieri di Malta, di certo prima che il piccolo centro venisse distrutto nel 1696 come ricorda un documento conservato presso gli archivi reggini. La presenza dei Cavalieri di Malta sembra potersi collegare al titolo della vicina chiesa della Madonna dell’Alica, secondo alcuni riferibile alla celebrazione della vittoria di Lepanto, del  1571. Più specificatamente si potrebbe però associare il titolo al miracolo della Madonna della Vittoria, avvenuto a Roma l’8 Maggio del 1622, giorno in cui ancora oggi si commemora la Vergine, nella chiesa dello Spirito Santo.  Qui, nel 1887 fu trasferita la scultura della Madonna dell’Alica, insieme all’intero altare, realizzato probabilmente con materiali di riutilizzo medievali, e ingentilito nel 1762 da un elegante paliotto in marmi commessi. La scultura della Madonna con Bambino, da rapportarsi alla bottega del Mazzolo, o a quella del Gagini, deve certamente datarsi agli anni della latinizzazione della diocesi bovese (1572), dal momento che una fonte Settecentesca ricorda la chiesa costruita dagli Ajerbo d’Aragona, dopo che un carro di buoi aveva miracolosamente condotto fino a questa altura la statua della Madonna dell’Alica, sbarcata sulla costa di Palizzi mentre veniva trasportata in Sicilia.

Chiesa della Madonna dell’Alica

L’antico sito monastico dell’Alica si può raggiungere da un sentiero che nasce nei pressi del cimitero della piccola frazione. La strada conduce su un crinale che mostra nella sua interezza la conformazione circolare dell’estremità della Calabria, da cui è visibile anche la chiesa, adagiata sul fianco di una collina. Si tratta di un edificio a navata unica con annesso un campanile cuspidato, impreziosito da maioliche celesti, riferibili ai primi decenni del Seicento. Ai fianchi della parete meridionale emergono i resti di un portico o di un chiostro di un eremo basiliano, identificato da alcuni nel monastero di Sant’Ippolito o in una grangia di quest’ultimo.

pietrapennata palizzi